“A chi non ha pace, né voglia, né tempo. Ai vinti e fottuti. A chi si nasconde dietro pagine d’inchiostro o pugni chiusi. A quelli che ci credono ancora, nonostante tutto.
A chi sorride e mente. A chi piange e mente. Ai tanti che crollano, ai troppi che barcollano, a quelli che si aggrappano a qualunque cosa pur di restare in piedi. A chiunque attende un pallone sulla tre quarti, certo che nella serata giusta, con le spalle coperte e il primo avversario due metri lontano, possano accendersi riflettori e accadere miracoli. A chi non ce la farà, alla luna, al silenzio, agli illusi e ai pochi altri.”
Questa è l’introduzione al libro di Vanzaghi, il cui titolo decanta uno dei mesi, a mio parere, più desolanti e malinconici dell’anno: novembre, che con il suo freddo, con la sua pioggerella costante, con le sue giornate corte e nuvolose, costringe uomini e donne a sperare che la giornata finisca nel migliore dei modi e il più celermente possibile. Quel mese che anticipa Natale e le festività, quel mese che ci ricorda l’infanzia e quanto siamo fallibili e inutili. Che ci ricorda tutto quello in cui credevamo e le persone che non sono più parte della nostra vita.
La trama si dipana nelle poche ore di un quattro novembre qualunque, in cui le storie di quattro persone, alle prese con le loro misere esistenze e le difficoltà quotidiane, si preparano a vivere una storia dal destino già scritto: degli antieroi solitari e perduti, colti nel momento della rassegnazione, ma non prima di aver cercato di cambiare il corso degli eventi.
Chi cerca di salvare un matrimonio a pezzi, chi scrive un elenco di improbabili obiettivi per mostrare la propria infallibilità, chi cerca vendetta per riportare in vita un morto, chi esce di casa nel buio della notte in cerca di incontri fortuiti.
Vanzaghi scrive di noi, delle nostre delusioni. Concisamente, con frasi perentorie, descrive di quando ci accorgiamo di essere pedine di una scacchiera sconosciuta e desolata, di quando scopriamo di essere fallibili. Ma la perseveranza è quello che contraddistingue l’uomo, in grado di salpare nel mare in tempesta delle emozioni e dei ricordi che ci hanno sconfitto.