Terzo romanzo della saga Bandini, famiglia di origini abruzzesi immigrata nel Colorado di inizio ‘900. Fante si serve dello sguardo di Arturo, adolescente manesco innamorato perso del baseball e di una compagna di classe, per descrivere le ristrettezze e i paradossi dell’ambiente in cui sta crescendo. L’apparente incongruenza dei due diversi punti di vista con cui è raccontata la storia (quello del capofamiglia Svevo, manovale che passa le inoperose giornate invernali tra alcool, donne di dubbio gusto e gioco d’azzardo, e quello del figlio, con le sue paturnie per un amore non corrisposto e le difficoltà a interagire con i coetanei) a mio parere ne rappresenta l’elemento vincente. Scritto talmente bene da farmi subito passare all’ultimo libro della saga (“Sogni di Bunker Hill”)