L’andamento filosofeggiante dell’autore e le lunghe parentesi introspettive tolgono solo in parte vitalità a un romanzo in cui la forza e la gloria della gioventù splendono sopra ogni cosa. Il protagonista Boccadoro non è destinato a passare la propria vita chiuso in un convento e immerso nei libri. A convincerlo ad andarsene per iniziare una vita errabonda e godere appieno ogni attimo è il suo grande amico Narciso, incapace di esprimere se stesso fuori dalle mura in cui si è volutamente rinchiuso e consapevole dei limiti della propria natura.
“…in fine dei conti era forse anche più coraggioso e più grande affidarsi alla corrente crudele e tumultuosa, commetter peccati e prender su di sè le loro amare conseguenze, anzichè condurre una vita pulita in disparte dal mondo, con le mani lavate, e formarsi un bel giardino di pensieri pieno d’armonia, e camminare senza peccato fra le sue aiuole ben protette. Era forse più difficile, più valoroso e più nobile camminare con le scarpe logore per i boschi e per le strade maestre, soffrire il sole e la pioggia, la fame e la miseria, giocare coi piaceri dei sensi e pagarli con le sofferenze”